SHINee first Italian Forum ~ Shining Diamonds

'Troverò il mio paradiso'...Ecstasy., Gli SHINee sono cinque mafiosi che hanno un compito: uccidere Ecstasy. Ci saranno diversi intrecci amorosi. La storia è un fantasy (ma si scoprirà nei prossimi capitoli).

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CAT_IMG Posted on 22/11/2013, 19:18
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‘Troverò il mio paradiso’… Ecstasy.


1°Capitolo: Nice to meet you.



Quella notte, Seoul, era più fredda del solito. Si percepiva dai vetri appannati delle macchine; Dalla gente che, frettolosamente, si avviava nei propri veicoli per sfuggire a quella leggera pioggerella che sarebbe arrivata a poco.
E quell’ aria gelida si percepiva ancora di più in quel palazzo di quindici piani, dove cinque ragazzi, nella stanza E111 del quattordicesimo piano, discutevano del loro nuovo compito.
-Perché ci hai chiamato? Dobbiamo fare fuori qualcun altro oltre a quel bastardo?- chiese Minho al capo che sedeva su una poltrona di pelle marrone.
Il capo, da prima volto verso la grande finestra che mostrava tutta la città di Seoul, si girò verso di loro lasciando fuoriuscire dalla sua bocca un’impercettibile risata, poi disse: -Bingo-.

-Chi è questa volta?- chiese Jonghyun che continuava a giocherellare con il laccio del suo libretto.
-Una ragazza..- rispose in modo vago.
-Avanti, non fare tanti giri di parole e dicci questo cazzo di nome, Jinki!- esalò spazientito Kibum, che quella sera sarebbe andato volentieri a bere un cocktail circondato da ragazze sculettanti invece che rimanere lì.
-Calmati hyung.- disse Taemin poggiando la mano destra nella spalla sinistra dell’amico adirato.
-Dovresti portarmi più rispetto Kibum, sai? Non ti fa bene metterti contro di me.- Jinki alzò le sopracciglia per poi stamparsi in faccia un mezzo sorriso beffardo.
Kibum strinse i denti per trattenersi dal prenderlo a pugni.
-Quindi? Chi è?- chiese alla fine Jonghyun, per cambiare discorso ed evitare eventuali litigi.

- Si chiama Duff, Ecstasy Duff.-
I quattro ragazzi che prima ascoltavano con molto menefreghismo ciò che diceva il loro capo, ora alzavano la testa con un grande punto interrogativo stampato in fronte.
-Mh, questo cognome non mi è nuovo.- disse Taemin.
-Non sarà mica.. La figlia di Jhon Duff?!- chiese Minho pensieroso.
-Non ti sfugge niente, mio caro Minho.- gli disse Jinki, ancora una volta ridendo.

-Chi se ne occuperà?- chiese Kibum che adesso aveva usato un tono più calmo.
-Proprio tu-, rispose Jinki tirandogli una cartellina nera.
-Perché proprio io?- urlò Kibum.
-Cosa, forse non ne sei capace? Con il signor Moon però sembra che tu non abbia avuto problemi a farlo fuori-
-Tsk, certo che ne sono capace-
-Se hai paura lascerò il compito a un altro;-
-No, affatto. Lascia il compito a me.-

Detto questo Kibum uscì dalla stanza, lasciando gli altri ragazzi vittime di un pesante silenzio.

-Lascia che lo aiutiamo.- chiese Jonghyun, che dal momento in cui Jinki aveva esalato il nome della ragazza era stato zitto sulla sua sedia a osservare il suo libricino nero.

-Va bene, ma aspettate un po’. Voglio divertirmi.- finita questa frase, il capo dei mafiosi fece segno agli altri di andare.

****



Il display del cellulare s’illuminò e il rap veloce di Zelo dei B.A.P incominciò a espandersi per tutta la stanza.
Una mano uscì da sotto le coperte e incominciò a tastare il comodino fino a quando quelle dita delicate toccarono il cellulare e con non calanche spense la sveglia e gettò l’Iphone nel tappetino sotto il suo letto.
-Ecstasy svegliati!- urlò una voce rauca e dolce dal piano di sotto.
Ecstasy si sedette sul letto e dopo essersi stropicciata gli occhi, urlò –Oh porca paletta! Il cellulare!- .
Con una mossa fulminea si abbassò e lo pigliò.
-Dimmi che sei intatto, per favore!- continuò lei, smanettando.
-Ok. E’ tutto apposto. Non si è rotto.- disse infine gettandosi nuovamente nel letto e osservandolo.
-Aspetta.. Sono le 7:45! Non arriverò mai in tempo a scuola!-
Scese dal letto e aprì l’armadio, dopo un’attenta analisi prese i primi capi più comodi che vide e s’intrufolò in bagno.
Dopo cinque minuti scese al piano di sotto, afferrò lo zaino viola e, prima di uscire urlò –A dopo nonna!-

Aspettava da più di cinque minuti la sua amica, che non si faceva vedere; Decise allora di andare a scuola da sola, che tanto era inutile aspettarla.
-Aish, ma dov’è Monji? Ah, ma se la prendo!-
Una vecchina le passò accanto squadrandola male; Ecstasy le sorrise imbarazzata.
-Ok, prima figura di cacca, fatta!- poi si fermò tutta d’un tratto, alzò le braccia e disse –Ma perché sto parlando da sola?!-

Guardò l’orario nel cellulare, erano le 7:55.
Incominciò a correre come non aveva mai fatto fino ad allora. La sua corsa terminò quando andò a sbattere contro qualcuno.
-Scusami tanto. Mi dispiace.- continuava a dire a testa bassa, inchinandosi.
Una voce maschile interruppe le sue scuse dicendo –Non ti preoccupare, capita. Piacere, io sono Kibum, Kim Kibum- le porse la mano.
Ecstasy alzò lo sguardo e si ritrovò davanti un ragazzo alto, magro, moro con gli occhi felini e con un sorriso dolcissimo. Gli strinse la mano –Piacere, io sono Ecstasy Duff.-
Al sentir pronunciare quel nome il suo sorriso si sottolineò ancora di più.
-Dove vai?- chiese lui, seguendola.
-A scuola.- rispose.
-Ti accompagno. Andiamo nella stessa scuola, sai? Ti vedo spesso gironzolare per i corridoi della scuola con una tua amica.-
-Ah, intendi Monji.. Sì, è la mia migliore amica.- disse a denti stretti, in quel momento l’avrebbe voluta fare a fettine.

Per tutto il tragitto stettero in silenzio, non spiaccicarono parola.
D'altronde di che potevano parlare? Non si conoscevano, ed Ecstasy è una di quelle ragazze che non si fida subito delle persone ed è anche molto, molto timida.
Quel silenzio la faceva agitare; Dentro la sua mente un miscuglio di pensieri si accalcavano, la tempia sinistra le pulsava; Il mal di testa stava incominciando a farsi sentire. Continuava ad allisciarsi i capelli castani scuri.
Fortunatamente, girato l’angolo, vide una figura femminile familiare. Era Monji.
Tirò un respiro di sollievo e ringraziò tutti i Santi del mondo.
-Ehi Monji!- urlò sventolando una mano per farsi vedere, anche se serviva a ben poco, visto che erano gli unici ragazzi in quel viale.
Monji scostò i suoi capelli castano-ramato, individuata Ecstasy incominciò a salutarla. Poi i suoi occhi si spostarono sul ragazzo accanto a lei e urlò –Hai fatto buona pesca oggi, eh?-
Ecstasy diventò rossa paonazza dall’ imbarazzo. Perché aveva un’amica così demente?
-Scusala, è idiota.- disse rivolgendosi a Kibum che, sentita quella frase, fece un leggero risolino.


Arrivarono a scuola, era il momento di dividersi.
-Bene, adesso noi andiamo! Oggi abbiamo verifica di chimica.- disse Ecstasy.
-Sorry, sorry, sorry, sorry..- Monji cominciò a cantare la canzone dei Super Junior ‘Sorry Sorry’, per scusarsi dell’imbarazzo creatogli prima.
Ancora una volta quella ragazza dava dimostrazione della sua deficienza.
Ecstasy le diede uno scappellotto dietro la nuca e Monji si zittì subito.
-Certo, non potete fare tardi. A dopo!-, disse Kibum dopo aver squadrato in malo modo Monji.
Le salutò con la mano e se ne salì su per le scale al suo piano, mentre le ragazze presero per il corridoio.



Messaggio:
Da:Kibum.
A: Jinki.
‘Questo è il primo passo di tanti altri.’




*ILikeABufalo*
Ehilà! :3
Questa è la mia prima fan fiction.. Ci lavoro dall'inizio dell'estate.. Spero che il capitolo vi piaccia. :3
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto o se è meglio che mi do all'ippica :') AHAH
Se ci sono errori ortografici, per favore segnalatemeli, così da migliorare la mia storia. :3
 
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CAT_IMG Posted on 24/11/2013, 15:03
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*ILikeABufalo*
Spero che questo capitolo vi piaccia.. Boh, Onew fuma. u.ù
Fatemi sapere se vi piace o meno, mi farebbe molto piacere ricevere delle vostre opinioni. :3



2°Capitolo: Electricity.



-Scopri dove abita. Io ho un’altra cosa importante da sbrigare.- disse Jinki, che adesso si spostava dalla sua poltrona marrone alla libreria di legno massello; In mano teneva, col pollice e l’indice, un calice di vino rosso.
-Non ti deluderò.- rispose Minho che osservava la mano del più grande scorrere lungo le pila di libri posti sullo scaffale.
-Non devi..- finì Jinki voltandosi e, con un leggero movimento, mosse lievemente il bicchiere di vetro, lo avvicinò al naso e dopo due secondi dall’averne sentito l’odore, bevve.



E si ritrovava lì, a trenta passi di distanza da lei.
Minho era il ragazzo più fidato di Jinki, non si sarebbe mai sognato di deluderlo; Anche perché la ricompensa era molto alta, stranamente più delle altre volte. Non ci fece caso, tanto ciò che a lui interessava era la valigetta di pelle nera con dentro i soldi promessi da Jinki.
Indossava un paio di occhiali da sole, una maglietta bianca dei jeans e una giacca nera. Doveva passare inosservato, e di certo sembrare un ragazzo normale -quale era oltre al semplicissimo particolare del suo essere un mafioso- era il travestimento migliore.

Vide una ragazza, dai capelli castani-ramati, la pelle pallida, le labbra rosee e sorridenti, magra e un po’ più bassa di Ecstasy avvicinarsi a lei con fare giocoso.

Le ricordava qualcuno, anche se vagamente. Forse era una studente della sua stessa scuola? Non ci pensò molto, aveva un altro compito da portare a termine: quello di seguire Ecstasy.

Gli arrivò una telefonata, Minho lesse nel display ‘Kibum’. Rispose.
-Pronto?- disse lui, aspettando che Kibum iniziasse a parlare.
-Ho sentito che Jinki ti ha dato un nuovo compito.-
Minho alzò un sopracciglio, il tono curioso dell’amico lo irritava non poco.
-Già, proprio così.- rispose lui, tentando di scacciare via quel senso di fastidio.
-Svolgi bene il tuo lavoro, potresti finire nei guai-, cosa stava cercando di fare? Voleva farlo incazzare?

-Non mi sfuggirà.-
-Lo spero per te.-
-So quello che faccio.-

Monji, che aveva già notato quello strano individuo che le inseguiva, aguzzò l’orecchio ascoltando la conversazione al telefono di quello strano e sospetto soggetto.

-Ahm, che ne pensi di andare a casa mia, mh?!- chiese Monji ad Ecstasy.
-Veramente dovrei prima avvertire i mie nonn--
-Chiamali adesso. Ricordi che dovevo farti vedere il mio nuovo vestitino? Dai!- continuò Monji, quel tipo non le ispirava per niente.
-E va bene, per questa volta hai vinto tu.- rinunciò Ecstasy facendo un lieve sorriso.

Tornarono indietro e presero per una stradina stretta, che portava alla casa di Monji.

-Ma dove stanno andando adesso?- si domandò tra se e se Minho molto confuso.
Continuava a guardare prima le ragazze che sparivano in quella stradina, dopo dritto davanti a se, dove pochi minuti fa quelle due stavano camminando in allegria.

Decise di tornare indietro.
E per quella volta, la ricompensa non sarebbe arrivata.
Ma la cosa che più lo tormentava era:
‘Cosa mi farà Jinki, adesso?’



****


L’aria che si respirava nello scantinato di quel palazzo era pesante, appiccicosa.
La stanza era piena di polvere, buia. L’unica luce che illuminava quell’ambiente era una lampadina al neon attaccata al soffitto e una fessura con delle sbarre che faceva da finestra.
Era spoglia, salvo quelle poche sedie rotte ammucchiate in un angolo buio;
In particolare una era situata al centro della stanza, dove vi era seduto e legato un uomo.

Jinki continuava a sistemarsi la manica della giacca blu notte molto lentamente. Sembrava un’eternità. –Ti sei divertito a prenderci per il culo, vero?-, disse infine osservando l’uomo seduto sulla sedia. –Dopo cinque anni non mi conosci ancora bene.- continuò poi.

-Vuoi una dimostrazione?- prese due aste di ferro, si avvicinò all’uomo. –Accontentato.- gliele infilzò sulle cosce.
Un urlo soffocato riempì la stanza, facendo ridere Jinki di gusto.
Prese dei fili con le pinze, li attaccò alle aste di ferro, poi si avvicinò all’impianto elettrico e domandò –Saresti disposto a pagare il pizzo di nuovo, Jhon?-;
Jhon Duff, così si chiamava l’uomo legato alla sedia –nonché padre di Ecstasy, rapito dai mafiosi per non aver pagato il pizzo e aver chiamato la polizia- , con voce tremolante rispose alla sua domanda: –Mai! Preferisco morire, che dare soldi ad un cane come te.-

-Oh, bene.- Jinki alzò una levetta dell’impianto elettrico.
Il signor Duff cominciò ad urlare; Tanto era il dolore che tremava tutto, compresa la sedia.
Sudava, sudava come un pazzo. Non voleva morire. Ma se quello era il prezzo da pagare per chi rispetta la giustizia, allora sarebbe morto in modo onorevole.
Dopo quattro secondi Jinki abbassò la levetta.
La scossa elettrica ora non c’era più. Jhon Duff tremava, gli occhi erano spalancati, teneva i denti stretti e si tratteneva dal non piangere.
-Te lo chiederò un’altra volta: sei disposto a pagare il pizzo di nuovo?- Jinki era appoggiato al muro, accanto all’impianto elettrico. Alzò le sopracciglia, e un mezzo sorriso gli si dipinse sul suo viso perfetto. Ancora una volta Jhon fece no con la testa; Jinki ri alzò la levetta, un’altra scossa elettrica. Questa volta era durata ben sette secondi.

-E se ti dicessi… Ecstasy, tu che mi dici?-
-Non toccare mia figlia, bastardo! Lei non c’entra niente.- si dimenò nella sedia, come per liberarsi da quella dannata corda.
-Marcirà all’inferno con te, quella puttana.- prese una sigaretta e l’accendino dalla tasca alta della giacca; Si avvicinò a lui e gli disse –Potrei darti fuoco anche adesso se volessi, ma voglio farti soffrire prima.- finita questa frase gli cacciò in faccia il fumo della sigaretta che stava fumando.
-Sta zitto, stronzo!- urlò ancora una volta Jhon.

-Adesso basta, hyung! Ti sei divertito abbastanza.- una testolina mora, sbucò dalla porta: era Taemin.
-Taemin, ero sul più bello.- disse Jinki irritato dall’intromissione del ragazzo.
-Avanti, è da un’ora che sei qua dentro, andiamocene.- lo invogliò il più piccolo.
-Tsk, va bene;- gettò la sigaretta a terra e la calpestò con il piede sinistro, poi si avvicinò al signor Duff e gli sussurrò –Continueremo il gioco un’altra volta, mh?- sogghignò.


-Dobbiamo ucciderlo?- chiese Jonghyun che aspettava dietro la porta della stanza.
-No, lui ci serve.- disse infine Jinki pensieroso.

E Jonghyun rimase con il dubbio; Questa questione lo preoccupava molto.
Cosa avrebbe detto ai suoi superiori? Doveva forse rivolgersi ai Serafini? Forse gli avrebbero dato un consiglio più che saggio.


‘Noi siamo l’anima dei nostri padroni’.

 
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Misa<
CAT_IMG Posted on 9/12/2013, 20:15




Serafini?
 
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CAT_IMG Posted on 24/12/2013, 15:25
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Yep! Eheh~ Si scoprirà tutto nei prossimi capitoli. :'3
Tra un po' pubblicherò! *-*
 
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CAT_IMG Posted on 27/12/2013, 20:34
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Chiedo umilmente scusa per il ritardo! çwç Solo che su EFP sono arrivata già al nono capitolo; xD
Domani pubblicherò anche il quarto. *^*
Spero il capitolo vi piaccia! :3




3° Capitolo: She is blood of his blood.



In quel corridoio spoglio, dalle pareti per metà gialle e metà bianche camminava a passo lento, fischiettando, con le mani in tasca e uno sguardo che avrebbe steso tutte le creature viventi di questo mondo, Taemin.
Si dirigeva in biblioteca per prendere il libro con più poche pagine che trovava. Tanto per far felice la sua professoressa d’italiano che ogni volta, durante le lezioni, gli tirava occhiatine maliziose.

Una ragazza con i capelli colorati alle punte di biondo uscì da una classe. Taemin, vedendo che era un bel tipetto, le fece l’occhiolino, poi le si avvicinò e le sussurrò in un orecchio
-Ciao zuccherino, vuoi soffermarti al bagno per cinque minuti con me?-.

La ragazza l’osservò un po’ confusa, ma poi annuì sorridendo in modo perverso.
La portò in bagno e, occupato l’ultimo water, lui la sbatté al muro.
La bloccò con le braccia e incominciò a baciarla sul collo, poi seguendo il tratto della mandibola arrivò fino all’ orecchio, dove le lasciò un leggero gemito.
-Mhm, la tua pelle è calda.- disse infine Taemin.
-Se la mia è calda spero che la tua sia rovente..- rispose lei gemendo e ridendo.
Taemin ricevette il messaggio e scese fino alla zip dei pantaloni rosa della ragazza, che scivolarono giù seguiti dalle mutande rosso fuoco con pizzo nero, il colore della passione. Il bagno era riempito di gemiti, di parole soffocate, l’aria divenne afosa.
Sarebbe andato tutto bene se una piccola ragazza non sarebbe entrata urlando –E adesso non mi interroga più, mhuhahah. Fottiti prof!-. Era Monji.

-Ahm, ma c’è qualcuno?- chiese poi accorgendosi dei suoni ambigui che provenivano dall’ ultimo water.
Taemin si mise sopra la tazza e guardò la ragazza per dirle ‘Dì qualcosa!’
-A-ahm. Si!- rispose.
-Stai bene? Ho sentito strani rumori..- continuò lei, preoccupata.
-Certo! Non preoccuparti!.- disse la ragazza facendo respiri profondi, Taemin continuava a toccarle la schiena dal collo fino all’ inizio del sedere con l’indice.
-Bene.. Allora io vado.. Ciao.- finì e uscì dal bagno tornandosene in classe.

Uscita Monji, Taemin scese dal vaso e guardando la ragazza con il suo solito sguardo erotico le disse –Vado anche io.-
-Non so neanche come ti chiami!-, lo prese dal braccio per fermarlo.
-E a che ti serve? Vuoi forse stalkerarmi?- diede uno strattone alla mano e si liberò dalla sua presa.
Si fermò sull’ uscio del bagno ed esalò uno ‘Tsk’ che mortificò la ragazza, che ora urlava contro di lui come una matta.

-Bene, adesso andiamo a cercare questo libro.- e riprese a camminare con le mani in tasca come se nulla fosse successo.



Arrivato in biblioteca incominciò a cercare tra i diversi scaffali.
-Mh, di quante pagine è questo? Sembra abbastanza sottile.- disse a bassa voce tra se e se prendendo un libro dal volume fino.
-Settanta.. Se leviamo le quindici pagine di esercizi sono cinquantacinque. Perfetto.- alzò lo sguardo e vide che, dall’ altra parte della grande libreria, c’era una ragazza che assomigliava molto ad Ecstasy nella foto che gli aveva dato Jinki la prima volta che diede il compito di ucciderla.
Prese la foto dalla tasca e la confrontò con quella ragazza che osservava un libro.
-E’ lei!- esclamò.


- ‘La verità del ghiaccio’ di Dan Brown.- lesse Taemin ad alta voce ottenendo l’attenzione di Ecstasy su di se.
-Oh! L’hai letto?- chiese lei con un sorriso timido.
-No, ho letto il titolo sulla copertina.- sbottò Taemin.
-Ah.-
-Io sono Taemin, e tu sei..?- chiese avvicinandosi un po’ al viso di Ecstasy.
-Ecstasy-, fece un passo indietro guardando a terra.
-Anche tu sei qua per scegliere un libro?- chiese Tae che, se prima con l’ altra ragazza era stato un poco di buono, con Ecstasy era diventato un ragazzo gentile e innocente.

‘Cadi nella trappola..’



-No, avevo voglia di osservare la gente mentre leggeva; Ovvio!- disse ironica.
-Ah già, scusa la domanda stupida.- rise per poi guardarla negli occhi. Dai, non puoi resistermi.

-Ciao Taemin! Ciao Ecstasy! Oh, vi conoscete?- arrivò Kibum, sorridente.
-Ehi hyung! Sì, l’ho conosciuta poco fa!- rispose Taemin.
-Oh, perfetto! Un giorno devo farti conoscere mio fratello Jonghyun e anche i nostri amici Minho e Jinki!- disse Kibum rivolto ad Ecstasy. –Vengono anche loro in questa scuola!-
-Sì? Adesso vado, però. Devo tornare in classe, o la prof mi darà per dispersa! Ci vediamo!-, salutò e con in mano il libro si diresse verso la porta che conduceva al corridoio.

Taemin e Kibum si guardarono entrambi sorridendo, poi il più grande si avvicinò a Tae, lo annusò e disse –Profumi di donna- per poi andarsene seguito dalla fragorosa risata del più piccolo.

****



Taemin e Minho sedevano in un tavolino del loro bar preferito a parlare del più e del meno. –Oggi cosa hai fatto a scuola?- chiese il più grande portandosi la tazza di caffè alla bocca. –Beh, ho esplorato posti nuovi mentre andavo in biblioteca-, fece l’occhiolino accompagnato da un sorriso furbetto, poi bevve il suo latte alla banana.
-Mh!- esclamò poi facendo scendere in gola il latte e poggiando il bicchiere sul tavolo. –Ho conosciuto Ecstasy!- disse dopo essersi levato il latte dalle labbra con la lingua.
Minho tossicchiò un po’ e poi, dopo essersi ripreso, gli chiese –Davvero?-
Tamin annuì.

–E’ una ragazza molto timida.- bevve un altro sorso di latte alla banana. –Ed è anche pazza.- aggiunse poi.
Minho per risposta lo guardò con faccia stranita.
-Ha intenzione di leggersi un libro con tante pagine!- finì guardando sconvolto il suo amico, come se fosse cosa di un altro mondo leggere un libro con più di cinquantacinque pagine. –Dobbiamo tenere conto che non si chiama Lee Taemin.- lo prese in giro Minho;
-Che vorresti dire?- chiese con tono offeso.
-Come?! Non eri forse tu quello che il mese scorso è stato sospeso per aver alzato la gonna alla professoressa?- incrociò le braccia aspettando la risposta del più piccolo.
-Tsk, come se non ci ha sentito piacere quella! Non aspettava altro.. - si difese Taemin, guardando adesso la vetrata del bar e afflosciandosi alla sedia con il broncio.
-E non eri tu quello che non ne vuole di studio?-
-Perché studiare, quando posso usare il mio fascino?-

Taemin era uno dei ragazzi più belli della scuola. Tutte le ragazze gli andavano dietro, anche le professoresse. E non sbagliava quando diceva ‘Tanto prenderò un bel voto’ senza neanche studiare perché sì, le professoresse gli regalavano i voti –tranne quella di chimica e i professori maschi che non ci cascavano- .

-Dai, adesso dobbiamo andare si è fatto tardi.- disse Minho alzandosi dalla sedia.
-Dove andiamo?- chiese Taemin seccato.
-A casa di Jonghyun e Kibum-
-Perché?- domandò ancora il più piccolo che di alzarsi da quella sedia non ne voleva manco a brodo.
-Non fare il finto tonto, dobbiamo parlare di Ecstasy- finì Minho per poi prendere Taemin per il braccio e trascinarlo fuori dal locale.

Arrivarono davanti una villa, dal cancello si poteva intravedere metà piscina che spuntava da un pezzo di terreno di quel giardino immenso.
Suonarono al citofono, ma nessuno rispose. Minho riprovò, ma ancora niente.
-Lascia fare a me- disse infine Taemin spostando Minho.
Tenne premuto il bottone del citofono e lo lasciò dopo dieci secondi.
-Bellaaaaa- risposero al citofono.
-Jonghyun! Idiota! Apri!- Disse Minho, ma la sua voce fu soffocata dalla risata di Taemin che, a differenza del più grande, lo trovava molto divertente.
Jonghyun aprì e i due ragazzi poterono entrare nella villa.

-Aprire prima no, eh?!- urlò Minho, irritato dalla lunga attesa. Sì guardò intorno cercando uno dei due proprietari di quella casa.
-Ero in bagno!- un Jonghyun con l’asciugamano fasciato nelle parti intime e con la schiuma nei capelli e nell’ addome uscì dal bagno. –Se aspetti un’ attimo vado a sciacquarmi e torno- aggiunse poi.
Minho annuì, poi si guardò di nuovo intorno –E Kibum?-
-Nello studio, oggi è stato tutto il giorno lì dentro- urlò Jonghyun dal bagno.

Taemin scese le scale che portavano allo studio, arrivato davanti la porta bussò. –Hyung! Sono Taemin posso entrare?- chiese gentilmente.
-Aspetta adesso ti apro- rispose Kibum.
Dopo pochi secondi il più grande aprì la porta e dando una spinta alla spalla destra di Taemin disse –Saliamo! Avevamo un’ assemblea, no?-

Taemin notò che tra le mani teneva una cartella nera, quella che gli aveva dato Jinki. Ma non diede spazio alla sua curiosità perché sapeva che tra non meno di pochi minuti sarebbe venuto a sapere ciò che conteneva, anche se, onestamente, una mezza idea già l’aveva elaborata.

-Sedetevi, suppongo voi sappiate perché siete qui- iniziò Kibum parlando ai tre ragazzi. –Vi ricordate di questa?- gettò la cartellina nel tavolo di vetro che dominava la cucina. –Qui ci sono tutte le informazioni di Ecstasy, tutte meno una- continuò posando gli occhi su Minho che adesso abbassava lo sguardo verso il pavimento. –Ovvero la sua abitazione-
-Mh, ma a quanto ho visto non è asiatica. Che ci fa qui in Corea?- chiese curioso Taemin.
-E’ americana. E’ venuta in Corea con il padre per problemi di lavoro.-
-Solo con il padre?- domandò ancora.
-Sì, la madre è una prostituta, è rimasta a New York; Da quanto ho letto e capito, suo padre era un alcoolista; Ha speso tutti i soldi e si sono impoveriti, non potevano più pagare il contratto d’affitto della loro casa. I suoi genitori litigavano sempre e alla fine hanno deciso di separarsi.-
-Ma Jhon ed Ecstasy hanno avuto la meglio, no?- si intromise Minho.
-Già, anche se poi Jinki ha messo gli occhi sul suo negozio e gli ha fatto pagare il pizzo per ben cinque anni- sottolineò Jonghyun che adesso si alzava per prendere un bicchiere d’ acqua.
-E avrebbe continuato a farlo, se solo Jhon non avesse chiamato la polizia per incastrarci. Un po’ mi ha deluso. Pensavo sapesse già che non può fotterci nessuno;- pronunciò Taemin che adesso si sporgeva più in avanti per appoggiarsi i gomiti al tavolo.
-Non vorrei essere nei suoi panni, sinceramente- disse pensoso Kibum.
-Già, non sarà vivo ancora per molto; Conosciamo tutti Jinki e lo farà soffrire fin quando non sarà allo stremo delle forze e la sua anima pregherà di uscire dal suo corpo- spiegò Jonghyun.
L’aria si congelò; Per un attimo ognuno di loro pensò alle più terribili torture che quell’ uomo potrebbe subire da Jinki. Perché, ammettiamolo, Jinki è famoso per essere il mafioso più temuto di tutta la Corea. Nessuno si sarebbe mai opposto a lui. E adesso il fatto che un sempliciotto americano si sia messo contro di lui, gli morsicava talmente il cuore che ora l’unica cosa che voleva era vedere lui e sua figlia Ecstasy morire.

-Beh, se lo merita. Non può mettersi contro di noi- esalò Taemin rompendo il silenzio.

-Non vedo il motivo di uccidere la figlia, però.- disse Jonghyun rivolgendosi al più piccolo.

-E’ sangue del suo sangue, bisogna sterminare tutta la razza.-, rispose Taemin leccandosi il labbro inferiore.


-Ma che c’entra la gente innocente?-
pensò Jonghyun.


 
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CAT_IMG Posted on 28/12/2013, 12:31
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Ecco anche il quarto :')
Se vi va potete fare un salto direttamente su EFP e, se la storia vi piace e vi va, lasciare una piccola impronta del vostro passaggio :')
Questo è il link: www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2251378
Spero vi piaccia! :3


4° Capitolo: Please, do not say it.



Era domenica, il sole batteva ardente nella tendina rosa della stanza di Ecstasy. Quella notte ella aveva fatto un brutto sogno. Difatti si svegliò di colpo, sudata nella fronte e nel petto.

Aveva sognato uno scontro tra il suo angelo custode e un guerriero del Diavolo. Il premio di questa guerra era la vita di lei, Ecstasy. Sembrava che l’angelo avesse la meglio, ma alla fine, come il capovolgersi di una clessidra, il guerriero lo sconfisse facendolo scomparire nel nulla. E allora erano guai per lei. Perché il guerriero si stava avvicinando, ma prese una forma umana, sfocata che non riuscì a decifrare. E, mentre esso allungava la mano verso il suo viso, si svegliò.

Adesso sentiva un senso di paura, le mani le tremavano, anche sapendo che era solo un sogno. Ma era così reale che se non si fosse svegliata in quel momento, ma dopo, le sarebbe sicuramente venuto un infarto.

Prese il cellulare e chiamò Monji, oggi sarebbero dovute uscire per comprare un regalo a suo nonno che compiva ben ottant’ anni.

-Pronto?- si sentì una voce roca e pastosa dall’ altra parte del telefono.
-Ehi, Monji! Sbrigati che dobbiamo uscire, ricordi?- disse Ecstasy, che non vedeva l’ora di uscire con lei, almeno si sarebbe dimenticata di quel sogno strano.
-Ma.. Sono le otto ed è sabato! Non possiamo uscire alle dieci?- sbuffò Monji in senso di protesta.
-No, adesso. Dai, ti prego- implorò Ecstasy.
-E va bene. Tra dieci minuti sono sotto casa tua- finì Monji per poi chiudere la chiamata.

-Dieci minuti? Non sono un po’ troppo pochi? Vedremo- disse ad alta voce Ecstasy guardando il cellulare.

Si alzò dal letto, si lavò e si vestì. Indossava quel tanto adorato vestitino turchese che Monji le aveva gentilmente prestato quel giorno che era andata a casa sua, stranamente era stata fin troppo buona.

Suonarono il campanello, Ecstasy si affacciò alla finestra e vide Monji aspettare dietro la porta; Prese il cellulare, erano passati esattamente dieci minuti.
Quella ragazza era proprio un fulmine!

Scese velocemente le scale e alla domanda di sua nonna che le chiedeva chi fosse lei rispose un semplice ‘Monji’.

-Wow! Sei stata velocissima!- esclamò Ecstasy salutando l’amica.
-Te lo avevo detto che sarei arrivata tra dieci minuti- disse Monji dondolandosi sulle punte e guardando adesso verso la nonna di Ecstasy che le sorrideva.
-Buon giorno signora. – fece un leggero inchino. –Allora andiamo?- disse poi ad Ecstasy che continuava ad osservarla.

-Certo! Andiamo-

-Non fate tardi, che alle dodici festeggiamo- disse la nonna di Ecstasy, sempre sorridente.



Uscirono di casa; Dopo un po’ arrivarono al centro commerciale.

-Bene, visto che non sono ricca e ho pochissimi soldi, cerchiamo di comprare qualcosa di carino ma non troppo costoso. Basta il pensiero, no?!- disse Ecstasy.
-Certo. Che gli vuoi comprare?-
-Boh, tu che mi consigli?-
-Un portafogli?-
Ecstasy osservò attentamente Monji con uno strano sguardo, poi le chiese –Ma sei idiota? Sai quanto costa?-
-Giusto, giusto! E allora.. Una cartolina!- continuò Monji.
-Che se ne fa di una cartolina?- sbottò Ecstasy incerta sull’ intelligenza della sua amica.
-E allora non lo so! Che ne pensi di un maglione?- disse Monji come se avesse avuto un lampo di genio.
-No, non mi ispira.-

Arrivarono in un negozietto pieno di cose carine e antiche. C’erano tantissimi ciondoli, calamite, libri, statuette di porcellana. Ma la cosa che colpì più di tutte Ecstasy era un diario di cuoio rosso, dove al centro come blocchetto c’era un cuore di argento che si apriva con la rispettiva chiave, pure questa a forma di cuore.

-E’ questo- esclamò Ecstasy.

Lo aveva trovato: sarebbe stato quello il regalo perfetto per suo nonno. Forse era proprio quel senso di antico che glielo faceva ricordare; Era come se quel diario lo rispecchiasse: mostrava sia la sua importanza degli anni che la sua saggezza e il suo grande sapere in sé.

-Questo? Ne sei sicura?- chiese Monji un po’ suscettibile.

-Sì, voglio questo- rispose Ecstasy continuando ad osservare quel diario.

Tornarono a casa, Ecstasy teneva il regalo impacchettato.
La nonna aveva preparato una buonissima torta al cioccolato con sopra lo zucchero a velo, da lì a poco la stanza si riempì di un odore inebriante.

-Scommetto che è buonissima!- esclamò Ecstasy.

-Dobbiamo aspettare tuo nonno prima di assaggiarla- continuò la signora anziana.

Come se lo avesse chiamato, ecco suonare il campanello: era lui!

Ecstasy andò ad aprile la porta, lo salutò e gli fece gli auguri.

Dopo aver mangiato la torta Ecstasy gli porse il suo regalo, suo nonno lo scartò e appena vide il diario gli brillarono gli occhi dalla felicità. –Oh, grazie. E’ bellissimo- disse lui commosso, abbracciando la nipotina che sorrideva gioiosa.

-Puoi scrivere tutto ciò che vuoi. Puoi anche sfogarti, come se fosse un diario segreto-

-Grazie mille- un sorriso sbocciò nel viso del signore ottantenne. Un sorriso che fece riscaldare il cuore di Ecstasy.

****



Era quasi sera, il sole stava per tramontare ed Ecstasy camminava sola per le strade di Seoul; Quella era stata una bellissima giornata e, per terminare in bellezza, aveva deciso di fare una passeggiata, tanto per assaggiare un po’ di aria fresca.

-Ehi, tu!- fu chiamata, ma non ci fece caso.

-Ehi! Fermati- continuava quella voce; Prese a camminare più velocemente, spaventata.

Si sentì prendere da un braccio e, girandosi di scatto, diede un pugno a quello che era adesso un ammaccato Jonghyun. –Oh, ma io ti conosco!- disse poi Ecstasy osservando meglio il ragazzo. –Mi sembra ovvio che mi conosci! Andiamo nella stessa scuola, tutti mi conoscono- continuò lui.

-Ahm, scusa per il pugno. Mi sembravi un maniaco-, arrossì un po’.
-Non preoccuparti, comunque io sono Jonghyun! Tu devi essere Ecstasy, vero? Mio fratello Kibum mi ha parlato di te- disse lui alzandosi da terra e sorridendole dolcemente.
-Sì, che ci fai a quest’ora qui fuori?- chiese lei.
-Potrei farti la stessa domanda- ribadì lui.
-Facevo una passeggiata-, disse prendendo a camminare insieme a Jonghyun.
-Ahh, sì. Oggi è veramente una bella giornata- affermò lui guardo il cielo e godendosi il venticello che gli sfiorava la faccia. –Oggi ho fatto un brutto sogno- continuò poi Jonghyun.

Ecstasy lo guardò sconvolta, anche lei quel giorno aveva fatto un sogno brutto.
-Io pure ho fatto un brutto sogno stanotte- esclamò lei.
-Davvero? Io ho sognato che tanti ragazzi più alti di me mi prendevano in giro perché sono basso- Jonghyun cominciò a descrivere il suo sogno, con la speranza che anche lei si aprisse a lui, doveva.

-Mh, sogno interessante- analizzò Ecstasy, ridendo sotto i baffi.
-Ehi, ti sembra divertente? Raccontami il tuo sogno, vediamo se rido poi io- disse pieno di sé, offeso dalla sua risatina.
Ecstasy divenne seria, continuando a guardare avanti spiegò al nuovo conoscente il sogno che aveva fatto quella mattina.

Jonghyun per un periodo di tempo che parve eterno non parlò. –Sei sicura che era il tuo angelo custode? L’hai visto in faccia?-
-Non l’ho visto in faccia, però sono sicura che era il mio angelo custode- rispose Ecstasy.

Jonghyun cominciò ad agitarsi, gli sudavano le mani. E continuava a grattarsi la testa.
-Dai.. Non preoccuparti, era solo un sogno- disse Jonghyun con un risolino nervoso. -Non succederà niente, fidati- continuò per rassicurarla.

-Già! E poi, neanche sappiamo se esistono realmente- continuò lei ridendo, ma a Jonghyun venne una fitta al cuore. Che lo fece piegare in due.

-Jonghyun.. Stai bene?- chiese lei preoccupata.
-Sì, non preoccuparti. Dolore intercostale- finse lui.

-Sei sicuro di non voler andare a casa? Magari ti distrai, oppure vai all’ ospedale- continuò lei, angosciata.

-No, adesso passa- sorrise debolmente.

-Guarda, sediamo in quella panchina!- esclamò lei, indicando una panchina illuminata da un lampione.

Si sedettero. –Sei sicura che gli angeli non esistano?- chiese lui.
-Beh, non ho detto che non credo all’ esistenza degli angeli, solo non so se esistano realmente. Non ci credo al 100%, ecco.-

Jonghyun fu tormentato da un’altra fitta.

‘Per favore, non ripetere più quella frase. Ti scongiuro’

 
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Misa<
CAT_IMG Posted on 2/1/2014, 16:36




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CAT_IMG Posted on 2/1/2014, 16:52
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5°Capitolo: Thank you.


Era mattina e la sveglia di Ecstasy, puntuale, trillò.
Questa volta non aveva fatto tardi, anzi! Quel giorno si era alzata con grande energia in corpo, tanto strano da farla rimanere stupefatta mentre mangiava la sua tavoletta di cioccolato come colazione.
-Oggi esci prima?- chiese suo nonno, appena svegliato; -Sono solo le 7:40- aggiunse, poi.
-Ci metterò almeno dieci minuti per arrivare a scuola, se non scendo ora farò tardi!- disse lei aprendo il frigo per prendere una bottiglia d’acqua.
-Oggi non viene Monji?- chiese sua nonna, appena entrata in cucina.
-Ah, vero! La devo chiamare!- rispose Ecstasy, dandosi un colpo di palmo nella fronte.

Corse in camera sua a prendere la giacchetta color turchese, e in mentre digitava il numero di Monji. Dopo qualche secondo quest’ultima rispose.
-Pronto, Ecstasy?- disse Monji dall’ altra parte della cornetta.
-Monji? Sei ancora a casa? Ti va di passare da casa mia, così ci facciamo la strada insieme!- esclamò Ecstasy speranzosa che la sua amica potesse darle una risposta più che positiva.
-Oh, certo! Sono lì tra cinque minuti!-, finì Monji per poi chiudere la chiamata.

Ecstasy uscì di casa, aspettando la sua amica.

C’era un leggero venticello quel dì. Era uno di quelli piacevoli, uno di quelli che ti accarezzava il viso delicatamente, in modo innocente.
L’ atmosfera era strana, il fruscio degli alberi accompagnato dal cinguettio degli uccellini era melodia per le orecchie di Ecstasy. Le nuvole erano di un bianco pulito e puro, quasi fossero panna. Anche i fiorellini nel marciapiedi sembravano essere più accesi, malgrado il freddo di quell’ inverno.

Inebriata dal dolce profumo dei fiori, si immerse nei suoi pensieri.
Pensava a Kibum, a Taemin, a Jonghyun. Erano tutti e tre dei bellissimi ragazzi.
Sapeva chi erano, pur facendo la finta tonta.
Come poteva non conoscere il quintetto più famoso della scuola?
Taemin, il più adorato dalle ragazze; Faccia d’angelo ma sguardo attraente.
Kibum, il più intelligente del gruppo e anche della scuola, ma dal suo aspetto non trasudava alcuna figura di secchione, anzi. Era veramente figo.
Jonghyun, il più dolce di tutti e cinque. Tutte le ragazze si scioglievano al sol guardarlo.
Minho, il principe carismatico,va bene in tutti gli sport: è il capitano della squadra di calcio e basket. E, si dice, che può far innamorare le ragazze di lui in due secondi.
Jinki, il leader del gruppo. E’ il più misterioso; Ed è anche il più serio e nobile di tutti e cinque, ma sembra diventare un’altra persona se in discoteca.
Tutti e cinque formano gli SHINee; I cinque principi che ogni ragazza vorrebbe come proprio fidanzato.
Ma perché proprio lei? Forse perché era americana e non asiatica e saltava all'occhio? Potrebbe essere. Ma che interesse potrebbero avere?

-Ciao Ecstasy!- Monji spuntò davanti a lei, che si spaventò perché assorta nei suoi pensieri.
-Tutto bene?- continuò Monji con un sorriso a trentadue denti.
-Tutto apposto, andiamo?- rispose lei, sorridendo.
E si incamminarono per andare a scuola.


-Ma come fai ad essere così veloce? Perché non ti iscrivi alla gara di corsa che si farà il 21 Marzo?- le propose l’americana.
-Mica sono pigra come te.- Monji le fece una linguaccia –Comunque non credo di volerne prendere parte.- sospirò.
-Cosa? Hai paura che Minho ti possa battere, forse?- Ecstasy le diede una leggera gomitata sul braccio.
-Tsk, scherzi? Non può battermi nessuno in fatto di velocità- disse fiera di sé. –Comunque ci penserò su- e velocizzò il passo.

Arrivarono a scuola. La campanella non era ancora suonata, al suono di essa mancavano ancora ben dieci minuti.
Le due ragazze decisero di fare un giro per il giardino della grande e prestigiosa scuola.
-Ecstasy! Monji!- una voce chiamò i loro nomi.
Contemporaneamente Ecstasy e Monji si girarono e incominciarono a guardarsi intorno. Poi un Kibum allegro si avvicinò a loro, seguito poi dagli altri SHINee.
-Oddio! Gli SHINee! Si stanno avvicinando!- sussurrò Monji euforica.
-Lo vedo! Aaw!- commentò Ecstasy cercando di trattenersi.
-Ciao Ecstasy, Monji! Disturbiamo?- chiese Kibum indicando i quattro ragazzi dietro di lui.
-No, non preoccuparti- disse Ecstasy.
-Conosci Taemin e Jonghyun, no? Ti presento Minho e Jinki!- disse rivolgendosi ad Ecstasy. Poi osservando Monji negli occhi e le disse –E tu suppongo conosci solo me, no?-
-Embeh, fossi matta a non conoscervi- disse lei a bassa voce, ed Ecstasy, sentendola, le diede una gomitata. Perché deve farmi fare sempre brutte figure? Perché?!
-Cioè.. Ehm…- balbettò Monji.
-Ahah, ti presento Taemin, Jinki, Jonghyun e Minho-
-Piacere signorina- disse Jinki facendo una giravolta su se stesso, ma perse l’equilibrio e cadde a terra. –Ha la reputazione del più serio, ma in realtà è il più idiota- commentò Kibum osservando, imbarazzato, Jinki. –Portami rispetto. Sono il tuo hyung!- disse Jinki dopo essersi alzato. –E poi il più idiota è Jonghyun, lo sappiamo tutti- aggiunse infine, guardando il più basso sconvolto e offeso.
Minho si avvicinò alle due ragazze e disse –Piacere mio, mademoiselle- e baciò le mani a tutte e due le ragazze, lasciandole di stucco.
-Bene. Le presentazioni sono state fatte, io adesso dovrei scappare in bagno. – disse Taemin, facendo l’occhiolino ai membri che avevano afferrato il concetto.
-Oh, certo! Vai pure! Se ti scappa..- disse Monji, sorridendo.
Tutti i membri degli SHINee, eccetto Taemin, risero.
Si avvicinò a Monji, facendola sbattere sul tronco di un albero –Pensi davvero che io vada in bagno per far fuoriuscire urina?-
-Ahm.. E per che cosa ci vai allora?- chiese lei, sciocca.
Taemin esalò un leggero risolino guardando altrove, poi la riguardò negli occhi –Oh, abbiamo una ragazza innocente.- le scompigliò i capelli e se n’è andò.

-Lascialo perdere, è scemo- le disse Minho, rompendo il silenzio che si era formato.
-Perché scemo? Se deve far fuoriuscire feci invece della pipì mica è colpa sua.-
Risero di nuovo tutti, più rigorosamente di prima. –Che ho detto?- chiese più confusa di prima.
-Ahah, lascia stare. Non capiresti- rispose Minho, ancora piegato in due dalle risate.
Monji si girò verso Ecstasy che la contraccambiò alzando le spalle.

****



Era suonata la campanella dell’ultima ora, tutti gli studenti si affrettavano a tornare a casa.
Ecstasy odiava la confusione, odiava soprattutto gli spintoni degli asiatici che si facevano strada per uscire dal cancello della scuola; Per questo motivo usciva qualche minuto dopo gli altri, quando la folla era diminuita.
Si incamminò per tornare a casa, quella era stata una lunga giornata piena di sorprese. Innanzitutto aveva conosciuto gli SHINee, e ancora non poteva crederci, quasi fosse un miracolo! Poi aveva preso sette nella verifica di matematica, e questo era anche un evento incredibile perché lei, in matematica, era pessima. Doveva ringraziare il cielo se arrivava al sei e mezzo.

“Almeno farò felice i miei nonni!” pensò lei con un sorriso soddisfatto.

Ma la sua felicità finì quando scivolò e cadde a terra, si era storta una caviglia e adesso le era difficile alzarsi. Non c’era anima viva. “Dannazione a me e a quando me ne vado prima!” pensò.
-…Ecstasy?- si avvicinò a lei un ragazzo curioso, che la guardò stranito.
-Oh! Ciao Kibum!- lo salutò con la manina.
-Che ci fai per terra? Sei caduta?-
-No.. Stavo cercando di avere un contatto più amichevole con il terreno- rispose ironica.
-Vuoi una mano?- chiese lui, ridendo.
-Non serve, grazie! Posso farcela da sola!- fece per alzarsi ma appoggiato il piede un mezzo urlo soffocato fece capire al ragazzo che si era fatta male.
-Certo.. Non hai bisogno di aiuto. Tsk. Appoggiati a me!- l’aiutò ad alzarsi. –Allora, dove abiti?- continuò poi.

E per quella volta Ecstasy si sentì felice di farsi aiutare. Perché sì, lei odiava essere aiutata dalla gente; Preferiva non creare loro disturbo e fare tutto di mano sua.
Perché tanto la sua vita l’aveva affrontata sempre e solo con Monji, i suoi nonni e, fino a qualche mese fa, con suo padre, che adesso era da qualche parte in un posto a lei sconosciuto.

E alle volte pensava a lui, e ci gettava giù qualche lacrima. Di notte, quando i suoi nonni dormivano nel caldo letto.
Ci ha pensato tipo due mesi fa;
Ci ha pensato tipo una settimana fa;
Ci ha pensato tipo la notte scorsa;


Perché no, il suo cuore non aveva trovato pace dal giorno in cui è sparito, era rimasto solo il negozio colmo di fiamme roventi, che polverizzavano tutto ciò che incontravano. Il suo cuore era stato mitragliato e ancora adesso era ferito, quasi non batteva più. Ma continuava a vivere, perché qualcosa le diceva che lui era ancora vivo, che respirava. E chissà se stava bene, questo proprio non lo sapeva. Ma lo incoraggiava da lontano, a distanza, sperando che il suo calore lo aiutasse ad andare avanti.

-Non molto lontano da qui- rispose Ecstasy guardandolo.

E, anche se molto lentamente, camminavano e la strada sembrava infinita. Quasi non ci fosse un arrivo. Ma ogni strada ha un traguardo, no?


-Ma quanto sei pesante?!- commentò per rompere il ghiaccio Kibum.
-YA! Non è vero, peso poco!- Ecstasy mise il broncio e il ragazzo si mise a ridere, poi le chiese scusa, anche se non era molto pentito.
-Scommettiamo che peso meno di te?- propose Kibum.
-Tsk, ovvio che sei più magro. Sei uno stecchino.- sbuffò lei guardando in avanti.
-Tutta invidia per il mio corpo.-
-Certo, contaci!- rise.

E passarono così tutto il tragitto da scuola a casa a prendersi in giro e ridacchiare. Quasi fossero amici. Perché no, non lo erano. Erano dei semplici conoscenti.
Conoscenti che, per caso, si erano incontrati –secondo Ecstasy, non sapendo che in realtà era tutto progettato-.
-Siamo arrivati!- disse infine lei.
-Oh, abiti qua?- chiese lui, sorridendo sotto i baffi.
-Già! Bene allora.. Vado!- disse lei staccando da Kibum.
-Vuoi che ti accompagno vicino la porta?- chiese lui.
“Cazzo, potrei fare l’attore!” Pensò lui.
-Non serve, grazie mille! Scusa per il disturbo che ti ho procurato!- si inchinò, come è solito fare dagli asiatici.
-Ma figurati! Gli amici fanno questo, no?- Amici? Da quando?
-A domani!- disse lei sorridendo e salutandolo con la manina.


Saltellando e con le poche forze che aveva, entrò in casa; Subito fu soccorsa dalla nonna premurosa, molto preoccupata per le condizioni del ginocchio della nipote.
-Come sei tornata? Non mi dire che ti sei fatta tutta la strada a piedi da sola!- chiese la nonna.
-Mi ha aiutato un ragazzo.- rispose lei, sorridendo lievemente e osservando la gamba.
-Davvero? Com’è? Alto o basso? Magro o grasso? Moro o con i capelli tinti?- la nonna cominciò a farle una miriade di domande sul ragazzo che l’aveva soccorsa.

-Nonna, dai! Ahah- rise Ecstasy.

‘Era un ragazzo abbastanza figo, basta come spiegazione?’



****


In mentre Kibum camminava per la stradina e rideva, rideva di gusto!

“Che sciocca che sei, Ecstasy; Proprio una sciocca.”

Se qualcuno fosse passato di lì, lo avrebbe preso per pazzo; Ma a lui poco importava, sapeva dove abitava la sua vittima, era questo il suo obbiettivo.
Con questa fondamentale informazione ora il suo capo non poteva più dirgli niente;
Non poteva dubitare della sua intelligenza e del suo potere.


Prese il cellulare e inviò un messaggio a Jinki.

Messaggio:
Da:Kibum.
A: Jinki.
‘So dove abita’






*ILikeABufalo*

Buon salve a tuttee! :3
Fatemi sapere se vi è piaciuto, mi rendereste felice! :') :3
E se ci sono errori, per favore fatemeli presenti! *^*
Ahm boh, la parte di Taemin e Monji non so da dove sia uscita fuori! D: Abbiate pietà! :'D
Ps: Non so se si era capito nello scorso capitolo, ma Jonghyun e Kibum sono fratelli! :)

Mmboh, in questo capitolo ho voluto aggiungere una 'Onew Condition'.. u.ù
E niente, spero che il capitolo vi sia piaicuto! *^*

Felice anno nuovo. *-*

Baci, Sofia. :3
 
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CAT_IMG Posted on 26/1/2014, 15:52
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6° Capitolo: Why I feel this way?



La sveglia, puntuale, suonò. Ecstasy si mise a sedere sul letto, si stropicciò gli occhi e rimase immobile, quasi si fosse riaddormentata. Quell’ ipotesi, però, fu subito abrogata quando decise finalmente di alzarsi, anche se molto assonnata.
Dopo essersi preparata, andò in cucina. I suoi nonni non c’erano. Erano andati a casa della zia, che purtroppo non stava per niente bene, quindi era rimasta sola a casa. Uscì. Quel giorno aveva fatto presto, aspettò Monji come ogni mattina, ma stranamente non si fece vedere.
Decise di chiamarla, non era da lei fare tardi, di solito è un fulmine!
-Pronto?- disse Monji sottovoce.
-Dove sei?- urlò invece Ecstasy, nervosa.
-Ahm… Mentre venivo a casa tua ho incontrato Minho, sto andando a scuola con lui, scusa!- disse tutto d’un fiato Monji.
Ecstasy sapeva che la sua amica aveva una cotta per Minho e che quella era un’opportunità che non si sarebbe ripetuta molte volte, quindi non si arrabbiò con lei.
-Davvero? Poi mi racconti tutto! Non preoccuparti vado a scuola da sola, tu... Mi raccomando- esclamò felice Ecstasy.
-Ahah, certo! Ciao, ci vediamo a scuola!- disse Monji, chiudendo la chiamata.

Ecstasy era rimasta sola e, giacché non le restava molto tempo e il tragitto da percorrere era lungo, decise di prendere una scorciatoia.

Prese il cellulare e gli auricolari e ascoltò un po’ di musica, fino a quando due dita le puntellarono la spalla. Si levò una cuffia e si girò con il viso corrucciato, che poi si rilassò alla vista di un Taemin sorridente intento a sventolare la mano in segno di saluto. Non aveva una bella cera quella mattina.

-Che ci fai qui tutta sola? Non è una buona strada per una ragazza, sai?- disse Taemin con un sorriso malizioso.
-Eh?- chiese Ecstasy con gli occhi spalancati.
-Potresti fare brutti incontri- e con un piccolo stimolo alla schiena della ragazza, data dalla sua mano, incominciarono a camminare insieme in quella stradina buia, dove il sole poco passava a causa degli alberi.
-Come sta il tuo piede?- chiese indicando con lo sguardo spento il suo piede.
-Oh, questo. Non mi fa più male- guardò in basso e sorrise. –Hai la scarpa slacciata- disse Ecstasy, dopo aver spostato i suoi occhi verso le scarpe di Taemin.
Taemin si abbassò per allacciarle. –Tu va avanti- rispose lui –Poi ti raggiungo-.
-Per cinque secondi posso anche aspettare- disse lei, dondolandosi nelle punte.
-No, no… Dai vai avanti- disse il ragazzo spingendo le gambe della ragazza con la mano.
-Va bene, se lo dici tu- proferì sospettosa lei ‘Che non sappia allacciarsi le scarpe? No, assurdo!’

Girò l’angolo: Taemin vedendo la ragazza scomparire prese il cellulare, che aveva incominciato a vibrare quando Ecstasy lo aveva avvisato dei lacci.
-Che vuoi, Jinki?- chiese scazzato, mentre si allacciava la scarpa molto lentamente.
-Dove cazzo eri ieri sera? Perché non sei venuto?- domandò Jinki, arrabbiato.
-A casa a leggere un libro- disse Taemin guardandosi le unghie.
-Ahahah, tu? Leggere un libro? Cazzo. Potevi inventarne una più credibile!-
-Non sto scherzando, ved-- Un urlo lo zittì. Riconobbe subito il proprietario di quella voce: era Ecstasy.


Chiuse il telefono in faccia a Jinki e corse dalla ragazza.

Tre ragazzi la stavano circondando con sguardo perfido.
-Che ci fa una bella signorina qui?- chiese uno, ridendo.

-Vieni a farti un giro con noi, ahah.- continuò un altro afferrandole il braccio.

-Lasciatela stare!- urlò Taemin
-Siamo in tre, che vorresti fare?- chiese uno avvicinandosi a lui.
-Ve lo dirò solo un’altra volta: lasciatela stare-
-E farci sfuggire questo bel bocconcino? Mai!-
Taemin gli sferrò un pugno facendolo indietreggiare.
Gli altri due ragazzi, che prima avanzavano verso Ecstasy, cambiarono direzione.
Taemin prese il braccio di uno dei mascalzoni e lo fece cadere a terra. Poi passò all’altro delinquente, dandogli un pugno in faccia, facendolo così sanguinare.
Il capo della banda, che per primo aveva ricevuto il suo servizietto, gli diede un calcio nello stomaco, facendolo cadere. Terminò dandogli un pugno.
-Ecstasy scappa!- urlò allora Taemin alla ragazza, che osservava spaventata, ma lei prese un pezzo di legno e attribuì un colpo in testa a quello che stava per ferire nuovamente Taemin.
Il ragazzo diede un calcio nelle palle al prepotente. Prese il pezzo di legno, datogli da Ecstasy, e iniziò a colpire gli altri due ragazzi che, ormai sanguinanti, scapparono trascinandosi dietro il loro amico dolorante.

-Ti avevo detto di scappare o sbaglio?- chiese Taemin a Ecstasy. Il ragazzo si accasciò a terra, sfinito. -Potevano farti del male, lo sai?- continuò.
-Se me ne sarei andata, a quest’ora non respireresti.- disse lei, prendendo un fazzolettino e la bottiglietta d’acqua. –Vediamo un po’- si avvicinò a Taemin che, corrucciato, si scostò.
-Sta ferma!- gli levò il fazzolettino di mano e lo tenne premuto nel labbro sanguinante. Ecstasy alzò un sopracciglio. -Dammi qua!- stava per levargli il fazzolettino ma lui spostò il braccio. Quanto testone poteva essere?

-Andiamo- disse poi Taemin alzandosi, ma cadde a terra appena si drizzò in piedi.
-Taemin, che hai? E’ per colpa del calcio?- chiese Ecstasy tenendolo. Il cuore le batteva a mille, non sapeva che fare.

-Nonna capirà.- fece appoggiare Taemin a se,
e lo portò a casa sua.


Arrivati davanti alla porta di casa di Ecstasy, il ragazzo cominciò a tossire, poi svenne.
Ecstasy, spaventata, gli diede colpetti nelle guance per farlo rinvenire. La fronte era imperlata di sudore.
Con le ultime forze entrarono in casa, ed Ecstasy lo fece distendere sul suo letto.

****



Si era appena svegliata. Alla velocità della luce si vestì e dopo neanche quattro minuti fu pronta. Scese a fare colazione: quella mattina sua madre le aveva fatto delle fette biscottate con la nutella.

Anche lei profumava di cioccolato. Questo era uno dei tanti motivi del perché Ecstasy l’ abbracciava sempre;

Decise di uscire, anche se era ancora presto.
S’ incamminò verso la casa di Ecstasy a passo molto lento: sapendo che la sua amica stava ancora dormendo sotto le coperte.

-Ehi, Monji!- la ragazza dalla carnagione chiara tornò sulla terra e, se qualche secondo fa osservava prima il terreno, poi il cielo, adesso si ritrovava a guardare un miracolo. La persona che non si sarebbe mai immaginata pronunciasse il suo nome: Minho.

-C-ciao!- balbettò Monji, ancora scossa.
-Prendi di qua per andare a scuola? Non ti ho mai visto la mattina prendere questa strada.- disse lui, avvicinandosi a Monji.
-Sì, di solito passo di qua un po’ più tardi. Oggi ho fatto prima.- rispose Monji guardando per terra.
-Allora andiamo?- chiese lui, mandandole uno di quegli sguardi da infarto.
-Dove?- disse lei.
-A scuola.- esalò lui, guardandola male.
-Ah già... Ahm, veramente io..--
-Oh! Forse non vuoi la mia compagnia?- domandò lui, grattandosi la testa.
-I-io? No, no! Anzi, mi fa piacere.- sul suo viso spuntò un sorriso timido e incominciò a dondolarsi sulle punte.

Presero a camminare, Minho era calmo e abbastanza sereno. Non sembrava per niente agitato, al contrario non si poteva dire lo stesso per Monji che ad ogni sfiorata di mano le veniva un micro infarto.

-Ti iscriverai alla gara di corsa?- chiese Monji, cercando di prendere un discorso.
-Certo, come ogni anno. Molti studenti credono in me e nelle mie potenzialità, quindi non posso deluderli.- rispose serio Minho. –E tu?- chiese poi.
-Non lo so, non credo. Sono sicura di poter battere tutti, però non vorrei rovinare la figura di qualcuno- disse Monji vaga.
-Pensi forse di essere più veloce di me?- chiese a un tratto Minho fermandosi e fulminandola.
-Potrebbe anche essere-
-Tsk, e come lo sai?- chiese avvicinandosi di più alla ragazza.
-Perché... Io bevo Red Bull, che mi mette le ali- rise, rise con la risata più pura che aveva nel repertorio. Tanto che Minho ne rimase shockato.

Il fiato gli si spezzò, non capiva il perché. Sapeva solo che in quel momento non concepiva più niente. Riusciva solo a sentire l’odore del cioccolato dei suoi capelli che s’impossessava delle sue narici.

Tutto fu spezzato da Monji che si mise a saltellare per andare un po’ più avanti di lui.

Nell’ultimo saltello non vide una pietra e cadde.

Minho si riprese dal suo stato di trans e vedendo la ragazza a terra si mise una mano in fronte, quasi fosse stato uno sbaglio invitarla ad andare a scuola con lui.
-Ehi! Stai bene?- chiese lui porgendole la mano.
-Sì, grazie- l’ afferrò e si fece leva per alzarsi.

Una scossa elettrica.

-Uh, Ecstasy mi sta chiamando!- commentò Monji, non badando al ragazzo che sembrava alquanto confuso.

-Pronto?-rispose Monji.

Forse Minho sapeva cosa fare: bere dell’acqua fresca.

-Ahm, mentre venivo a casa tua…-

Ma il bello era che... Non aveva sete.

****


Era disteso nel letto di Ecstasy, non si muoveva di un millimetro.
Ecstasy gli levò le scarpe e la cintura, poi gli alzò le gambe.
-Andiamo, riprenditi Taemin!- disse preoccupata, dandogli colpetti in faccia.

Scese in cucina a prendere un bicchiere d’acqua.

Taemin si riprese. Era molto debole, non riusciva a focalizzare bene la situazione.
Ecstasy gli mise una mano nella fronte –Ma tu hai la febbre!- sbottò.
-Mh- riuscì a dire Taemin. –E tu ti sei messo contro quei tre, pur avendo la febbre? Idiota.- commentò Ecstasy continuando a guardarlo.
Andò in bagno a prendere un panno e una bacinella con dell’acqua fredda. Immerse il panno nell’acqua ghiacciata e glielo mise sulla fronte.
-Forse è meglio che vada in farmacia a comprare le medicine- disse Ecstasy a Taemin, cercando di non fargli perdere i sensi un’altra volta.
La ragazza si alzò dal letto, dove era seduta, ma una mano morbida la fermò per il polso, in modo delicato. –Non andare, per favore- Ecstasy si bloccò, si girò verso Taemin che continuava a tenerla. Il suo sguardo rispecchiava una persona forte; Che soffriva dentro ma che non lo dava a vedere; Che affrontava tutto, ma in silenzio; Che in quel momento aveva bisogno di aiuto, ma non voleva chiederlo.

Taemin abbandonò la sua mano sul letto, lasciando il polso di Ecstasy.
-Resto qui- sussurrò la ragazza, inginocchiandosi sul pavimento accanto al comodino dove continuava a bagnare il panno.

Il collo e il viso di Taemin erano imperlati di sudore.

Passarono diverse ore, la febbre di Taemin era scesa. Adesso dormiva tranquillamente. Sembrava un angelo.
Ecstasy si guardò le mani: una teneva quella di Taemin, l’altra era abbandonata sul suo ginocchio. Erano invecchiate, per i troppi bagni d’acqua, ma non le importava granché. L’unica cosa che adesso le importava era che Taemin non stava più male.
Lentamente si liberò dalla mano del ragazzo addormentato, gli rimboccò le coperte.
-Grazie- esalò sottovoce; Ma sembrava come se Tae l’avesse sentito, perché sul suo viso sbocciò un sorriso sereno.

Visto che sono in un ritardo catastrofico ho pensato di lasciarvi due capitoli! (il sesto e il settimo).
Su EFP già sono più avanti, e forse il raiting della storia da arancione la passerò a rosso, ma non ne sono sicura. çwç
Devo pensarci beene.
Dai, nel prossimo capitolo arriva un attore! *^*



7° Capitolo: I wanna blood.



Camminava allegra per le strade fredde di Seoul. Quell’ anno l’inverno era veramente rigido, le temperature non superavano i tre gradi. Monji non badava molto all’ aria gelida, perché in fondo adorava quella stagione: era la sua preferita.
Forse per la presenza della neve soffice e morbida dove affondava i piedi, o perché da lì a poco sarebbe arrivato il Natale, e lei amava quella festa.

Mentre camminava, l’inebriante odore di dolciumi la fece soffermare davanti la vetrina di una pasticceria e, come una bambina, appiccicò il suo nasino alla francese al vetro –osservando i vari dolci e pasticcini-.
Sfortunatamente quel giorno non portò con sé soldi, quindi un alone di tristezza la invase. Aveva veramente tanta voglia di dolcetti quel pomeriggio, ma non poteva assaggiarne nemmeno uno per quel piccolo problema. Certo, sarebbe potuta tornare a casa, prendere il portafogli e via!, in pasticceria, ma non le andava di fare rientro a casa, anche se ci avrebbe messo pochissimo.

Si staccò dalla vetrina e sbuffò. Riprese a camminare molto lentamente: voleva assaporare quel meraviglioso panorama bianco.
Una piccola mano tirava lievemente il suo cappottino rosso: era quella di un bambino in lacrime.
-Che succede piccolo?- chiese lei inginocchiandosi, così da poter essere di uguale altezza con il bambino. –Perché piangi?- continuò lei accarezzandogli la testolina.
-Mamma. Voglio la mamma.- incominciò a dire in inglese tra i singhiozzi il bambino, saltellando.
-Oh, hai perso la mamma? Non preoccuparti vedrai che la troviamo.- disse a sua volta lei in inglese sorridendo al bambino. Gli avrebbe comprato un lecca lecca, se solo avesse portato quei dannati soldi! –Però smettila di piangere, per favore. Mh? Guardami!- disse lei e cominciò a ballare il Kiyomi. Il bimbo rise.
Lei, soddisfatta, continuò a ballare senza rendersi conto che una grande folla si era creata intorno a lei, tanto era carina.
-Monji?- una voce conoscente la chiamò. Alzò gli occhi e lo vide: il principe carismatico.

A poco a poco si rese conto della gente che la circondava.

-Ahm…- riuscì a dire imbarazzata. Si mise all’ in piedi e si inchinò, facendo sfumare quella nuvola di persone. Se ne andarono tutti tranne Minho.
-Chi è lui? Tuo fratello?- chiese Minho sorridendo al bambino. –Ehi, piccolino. Hai gli occhi gonfi; la sorellona ti ha fatto piangere?- domandò al bimbo che lo scrutava con i suoi grandi occhioni da dietro il braccio della ragazza al quale era aggrappato. –Veramente non è mio fratello. Ha perso la mamma- disse Monji.
Minho osservò il bambino, poi lei. –Mh, già.. Non vi assomigliate. Lui è bello e tu sei brutta- finì poi con una risata.
-Potevi notarlo anche dal fatto che non ha gli occhi a mandorla. Non ti capisce quando parli, è americano.- disse Monji, che osservava ora a destra, ora a sinistra nell’ intento di trovare la madre.
-Shh.- fece zittire Monji. -Come ti chiami?- chiese Minho, stavolta in inglese, al bimbo. –Kevin- rispose lui, afferrando la domanda.
-Bene Kevin, andiamo a cercare la mamma- disse infine il ragazzo prendendo la manina del bambino.


Erano in una stradina isolata, non c’era nessuno tranne un signore sulla quarantina d’anni.
-Sei sicuro di aver preso questa strada con tua madre?- chiese Monji a Kevin, che adesso aveva assunto uno sguardo strano. Continuava ad osservare il quarantenne, quasi ne fosse ipnotizzato.
-Kevin?- lo richiamò Monji, notando la distrazione del più piccolo. -Ho fame- disse Kevin, con voce strana. -Oh, hai fame?- chiese Minho. -Aspettate qua, vado a comprare qualcosa da mangiare in quel supermercato. Ti piacciono i biscotti, Kevin?- domandò osservando il bambino che non levava gli occhi di dosso al signore. -Si- rispose il bimbo. -Bene, sedetevi in quella panchina. Io arrivo tra qualche minuto.- e Minho sparì dentro il supermercato.

Kevin si liberò della mano di Monji e come un razzo si fiondò sul signore, facendolo cadere a terra. Si avventò sul suo collo, quasi fosse impossessato. -Kevin!- urlò Monji, fiondandosi anche lei velocissima sul bambino. Il signore scappò spaventato, ma Monji rimase lì a trattenerlo: a trattenere quel piccolo vampiro. –Allora.. Anche tu sei un vampiro, eh?- chiese lei, tenendo stretto il bambino che cercava di liberarsi dalla forte stretta della ragazza. –Cosa? Sangue, voglio sangue.- urlò il bambino. I suoi occhi diventarono rossi. -Anche io sono un vampiro- e gli fece vedere i canini per intimorirlo. -Calmati adesso! Hai solo fame!- continuò lei, bloccando il bambino alla panchina. –Ho sete… Tanta sete... Voglio sangue!- continuava a urlare il piccolo americano. Si liberò dalla stretta della ragazza e addentò una signora che passava di lì. La donna urlò, ma Monji questa volta non riuscì a salvare questa povera vittima.

Il corpo di essa era steso a terra, la neve che la circondava non era bianca ma rossa, come il vino.

Gli occhi del bambino non erano più rossi, ripresero il loro colore naturale: castani.

Monji non sapeva che fare, davanti a sé si mostrava uno spettacolo orribile: Kevin con il sangue appena bevuto che gli colava nel mento, che osservava la povera vittima senza vita.
Il piccolo vampiro si avvicinò al corpo ormai vuoto e dopo aver velocemente scavato una fossa glielo gettò, ricomprendo la buca.
-Come hai potuto farlo? COME!?- urlò Monji; i suoi occhi non erano più castani, ma presero il colore del miele con sfumature di rosso.
Prese il bambino e lo bloccò al tronco di un albero -Dovrei ucciderti dopo quello che hai fatto, mostro!-. Kevin fece spuntare i canini e diede un calcio a Monji, che cadde a terra.
-Ma come? Vuoi uccidere un povero bimbo di cinque anni?- domandò Kevin, staccando un ramo dall’albero.
-Da quanto tempo sei rinchiuso in quel corpo?- domandò Monji, osservando il ramo.
-Ventisette lunghi anni. Ormai sono destinato a stare così fino alla morte, ma questo corpo mi aiuta a trovare il cibo, ahahah- rise.
-E la tua presunta madre?- domandò. –C’è l’hai sotto i piedi.- detto ciò andò contro Monji per infilzarla con il ramo, ma la ragazza fu più veloce da fargli volare il pezzo di legno dalle mani e spostarsi.

Prese il trentaduenne intrappolato nel corpo di un bambino e lo scaraventò contro la finestra di un palazzo abbandonato. La ragazza prese il paletto di legno da terra ed entrò nel palazzo.
Erano faccia a faccia. Entrambi tenevano tra le mani un pezzo di legno affilato, predisposti per l’ultimo round.
Kevin ancora con le labbra e il mento tinto di rosso, girava e rigirava l’arma con il quale aveva deciso di trafiggerla.

-Monji! Kevin! Dove siete?-

Era Minho. Kevin fece un leggero risolino, si avvicinò alla finestra e gettò il legnetto: ecco il pranzo.

-Non toccare Minho!- urlò Monji con le lacrime agli occhi.

Kevin saltò dalla finestra diretto verso la sua preda, ma non fece un lungo viaggio: Monji lo aveva trafitto, dritto al cuore con il legno.

Ma non stava bene, anche lei perdeva sangue. Con le poche forze che aveva rientrò nel palazzo, nascoste quell’ essere sotto ad un lenzuolo e piano piano uscì da quel palazzo. –Minho..- sussurrò lei, osservando il ragazzo, poi cadde a terra.
-Monji!- urlò Minho, correndo verso di lei. –Che hai?-

-Ho…- disse lei con un fil di voce.

-Hai? Cosa? Dimmi!- chiese lui, prendendole il viso tra le mani preoccupato.

-..Fame..-

Minho non si arrabbiò; Non pensò neanche che fosse una ragazza strana. Al contrario rise lievemente, stringendo più a sé Monji che adesso apriva il sacchetto dove dentro c’erano i dolcetti. –Hai comprato i dolcetti?- chiese lei meravigliata. –Non dovevi comprare i biscotti?- domandò ancora.

-Mi andavano i dolcetti-
In realtà ti avevo vista davanti la vetrina della pasticceria.
E se ne andavano. Monji ancora con le ferite doloranti. Ma non ci fece caso, sapeva che a poco si sarebbero rimarginate, perché lei era un vampiro; E i vampiri non muoiono per una ferita che per un normale essere umano potrebbe essere fatale.

Non sto male adesso.
Sto semplicemente urlando dentro.


****


Nel marciapiede ghiacciato lo scalpitio degli stivali- importati dall’ Italia- di Jinki era più evidenziato dalle altre giornate, ma quel rumore non gli dava fastidio perché troppo preso dai suoi pensieri. Quel dì, infatti, si stava recando a casa dei fratelli Kim: Jonghyun aveva qualcosa di molto importante da discutere.

Arrivò al cancello della villa, suonò e dopo aver risposto alla domanda Chi è? di Kibum, entrò in casa.

Si levò il cappotto e lo diede a Kibum che svelto lo appese all’ attaccapanni.

-Che mi deve dire Jonghyun?- chiese Jinki levandosi i guanti di pelle neri. –Non lo so, lo ha tenuto nascosto anche a me- rispose facendo strada a Jinki in cucina.
-E adesso dov’è?- chiese sedendosi sulla sedia bianca. -In giardino. Sta per arrivare.- disse Kibum -Caffè?- domandò poi, facendogli vedere la caffettiera di vetro. -Vino rosso?- chiese a sua volta Jinki. -Ma tu bevi solo vino rosso?- Jinki per tutta risposta alzò le spalle.

Nella stanza fece capolino Jonghyun. –Come siamo eleganti- commentò Jinki osservando l’abbigliamento formale del ragazzo appena arrivato. –A cosa dobbiamo tutto questo fascino?- chiese poi appoggiando i gomiti sul tavolo di vetro. –Devo fare un discorso importante-.

E Jinki assunse una postura più seria di quella che, poco prima, poteva sembrare briosa.
-Di che si tratta?- chiese attribuendo un tono basso alla voce.

-Ecstasy.- rispose Jonghyun sedendosi di fronte a lui.
Kibum prese subito posto a capo tavola, non voleva essere da nessuna delle due parti: solo neutro.
-Qual è il tuo problema?- chiese Jinki fulminandolo con gli occhi. Poi si girò verso Kibum -Caffè-. Il ragazzo si alzò per prendere la caraffa di caffè leggermente scazzato. -Ecco!- esalò mettendogliene un po’ nella tazzina. -Attento che è..- non riuscì a finire la frase che Jinki si era già scottato. -..Caldo..- finì la frase Kibum, osservando tutto il caffè sulla tavola.

-Cazzo, brucia!- urlò Jinki.

Bussarono alla porta, Jonghyun andò ad aprire mentre suo fratello puliva il ripiano.

Era Taemin.

-Che ci fai qui?- chiese Jonghyun. -Come? Non posso venire a trovare i miei amici?- domandò Taemin facendo il finto offeso. -Tsk, entra. Sei arrivato al momento giusto- disse facendolo entrare in casa -Al momento giusto? Avete invitato delle nudiste?- a quella possibilità gli occhi incominciarono a brillargli.
Entrarono ambedue in cucina. -Oh, c’è Jinki- commentò Taemin deluso.
-Il nostro Jonghyun deve parlarci di Ecstasy.- disse il più grande di tutti rivolto al più piccolo; Gli mandò un’occhiata che il ragazzo afferrò e subito si sedette vicino al capo.

-Bene. Parla.- ordinò Jinki.
-Io.. Non vedo il motivo del perché dovremmo uccidere la ragazza- cominciò Jonghyun.
-Ma che cazzo stai dicendo?- s’ intromise Taemin.
-Zitto Taemin, lascialo finire.- lo zittì Jinki.
-Insomma, non vi ha fatto nulla di male.. O sbaglio?- disse un po’ intimorito Jong.
-Quindi mi stai chiedendo di salvarle la vita? Ma dove hai sbattuto la testa?- chiese Jinki.
-Rispondi alla domanda.- pronunciò Jonghyun.
-Questo essere mi provoca fastidio. E i moscerini che mi donano seccatura devono essere sterminati. Hai capito?- spiegò in modo minaccioso Jinki.
-Ma tutto quest’interesse per la vita di questa sconosciuta da dove l’hai preso?- chiese ad un certo punto Taemin. -Cosa? Forse hai paura delle conseguenze?- continuò.
-Taemin ascolta...- cercò di spiegare Jong. -No, ascolta tu. Fino ad ora hai sempre ucciso, senza alcun problema. Adesso che è arrivata lei ci molli in questo modo? Sei proprio uno stronzo!-
-Giochiamo a poker.- s’ intromise Jinki. -Se vinco io si fa quello che dico. Se vinci tu la ragazza è libera, va bene?- domandò facendo un mezzo sorriso, poi si accese una sigaretta.
-Ci sto.-

Kibum prese le carte e le diede a Jonghyun, che adesso le mescolava.

Le quattro carte, due per Jinki e due per lui, ecco che svettavano veloci sul tavolo.
Jinki sorrise. Jonghyun ricambiò.

-Vai avanti?- chiese Jonghyun a Jinki.
Jinki aspirò il fumo dalla sigaretta, poi lo gettò fuori. -Mi sono mai tirato indietro?-

Ed ecco che tre carte scoperte, messe in fila scorrono nel banco.

Re di cuori. Quattro di quadri. Jack di picche.
Nuovamente risero.

-Continui?-richiese Jong.
-Certo.- disse tenendo la sigaretta in bocca per osservare nuovamente le sue due carte.

Dopo aver scartato una carta ecco che un’ altra scivola sul piano di vetro.


Jack di cuori.
Il viso di Jonghyun s’ illuminò.

Tutto stava nell’ ultima carta. Tutti e due erano molto sicuri di sé.

Jonghyun mise sul tavolo l’ultima carta.

Dieci di cuori.

-Ho un full! Tre Jack e una coppia di quattro.- commentò felice Jonghyun. -Prova a batterlo!-

-Quanto sei sciocco, Jonghyun.- Jinki fece uscire il fumo dalla bocca, poi rimise la sigaretta in bocca e abbassò le carte, incurante dello sguardo confuso e preoccupato del moro di fronte a sé. –Io ho scala reale.- e rise. Rise fragorosamente e insieme a lui si aggiunse anche la risata di Taemin, felice della vittoria del capo. –Forse ancora non hai capito.. Quanto io sia potente- disse a Jonghyun. –Ti ho a cuore, quindi per questa volta te la lascio passare. Ma non credere che sia così anche la prossima.- minacciò osservandolo con occhi infuocati.

Jinki si alzò dalla sedia, gettò la sigaretta nel posacenere e posò la tazzina nel lavello e si rimise i guanti neri. –La prossima volta se devi fumare.. Fuori!- gli disse Kibum, prima che il più grande varcasse la porta insieme al più piccolo.

Jonghyun era immobile. Aveva perso. E adesso cosa poteva fare? Come risolveva questo problema? I cherubini e i serafini che gli avrebbero detto e consigliato? Proprio non ne aveva idea. Ma cercare consiglio da loro non era affatto una brutta idea.
 
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CAT_IMG Posted on 1/7/2014, 05:56
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Su EFP sono arrivata al 13° capitolo! :3

Spero vi piaccia anche questo *u*



8° Capitolo: Good & Evil



Era seduto nel sedile posteriore di un taxi privato che andava ad una velocità sconvolgente, questo perché consigliato dal cliente in questione. -Siamo quasi arrivati a destinazione signor Jinki.- esalò in modo formale l’uomo alla guida. -Perfetto.- sussurrò il ragazzo, poi fece un risolino.
La macchina si fermò davanti l’ aeroporto. Jinki scese dal mezzo e si recò con il biglietto in mano davanti il bancone informazioni. -Mi scusi, ho un posto in prima classe per destinazione l’isola Jeju-.

-Qual è il suo nome?- chiese la signorina, smanettando al computer.
-Lee Jinki, avevo prenotato una settimana fa.-
-Oh, eccola! Bene, si accomodi. L’aereo sta per partire.- disse quella sorridente.

Jinki si sedette sul proprio posto, in prima classe ovviamente. Prima di spegnere il cellulare compose un numero.
-Sto arrivando.- disse appena capì che la chiamata era aperta. -Prepara tutto, ti raccomando.- continuò poi, chiudendo la chiamata.


Arrivò all’ isola Jeju, l’aria era fresca per il semplice fatto che era inverno. Quel panorama innevato era uno spettacolo per gli occhi, ma Jinki ci fece poco caso: perché il suo obiettivo non era soggiornare per una settimana in quel posto a dir poco stupendo ma raggiungere il posto dove avrebbe eseguito il processo numero 3, il cambiamento.
Un uomo lo raggiunse. –Salve, padrone.- si inchinò.

Si immersero nella natura, poi arrivarono vicino ad una cascata.

-Dea Death! Mostrati ai miei occhi!-urlò Jinki, guardando verso la distesa d’acqua.
Dopo qualche minuto, una luce celeste si mostrò sul piano liquido: era lei.
La Dea della morte fece il suo ingresso, in tutta la sua bellezza.
-Cosa vuoi, tu?- tuonò.
-Sono pronto per il cambio di corpo.. Devo tornare nel mondo degli inferi, ho urgente bisogno di parlare con un mio suddito.- disse Jinki, avvicinandosi alla riva.
-Sudditi? Oh! Devi essere… Lucifero!- commentò la divina con un tono di sorpresa. -Che ci fai sulla terra?- chiese curiosa.
-Espando il male, ovviamente. Ma adesso, mi faccia tornare al mio vero corpo.-
-Ai suoi ordini, Lucifero-

Jinki, o meglio, Lucifero fu sollevato dal terreno. Piccole luci argentate lo circondarono fino a ricoprirlo del tutto.
Ancora ricoperto di luce venne fatto lievemente posare a terra e le luci, come un esplosione, si allontanarono da lui velocemente.

I capelli da rossi diventarono neri, i vestiti che prima indossava adesso non c’erano più lasciandolo solamente con uno straccio logoro a coprirgli le parti intime.
Due possenti corna rosse spuntarono nel suo cranio, e una lunga coda appuntita si muoveva sinuosa da sotto lo straccio. Ed ecco due ali nere che lo abbracciavano.
Il suo corpo era possente, pieno di cicatrici. Le labbra rosso sangue, assetate di una risata malefica. Le mani erano chiuse in pugni, serrate con così tanta forza da fargli vedere le vene che arrivavano fino ai muscoli scolpiti. La cui forza era incomparabile a nessun’altra creatura, che sia terrena o magica.

L’aria si riempì della risata folgorante di lui, Lucifero -alias Lee Jinki-.

-Finalmente nel mio corpo!- disse felice, guardandosi le mani. Si diresse volando verso il buco nero che faceva da passaggio tra la Terra e l’Inferno, creatosi durante la sua trasformazione.


In poco tempo arrivò all’ Inferno, il suo regno. La temperatura era altissima, il fuoco si innalzava dal terreno sconnesso. Mentre percorreva il suolo rosso i sudditi si inchinavano al suo cospetto, chiedendosi chi sarebbe stata la sua preda.
Un uomo calvo si aggrappò alla sua gamba. -Vi prego, signore! Illustrissimo! Mi porti sulla Terra, la supplico!- continuava a dire l’individuo tremando.
Jinki lo prese per la testa e lo scaraventò sulla lava rovente. ‘Ogni moscerino che mi dona fastidio, deve essere eliminato.’ Pensò.

-Lee Joon? Dov’ è Lee Joon?- urlò. -Portatelo qui! Al mio cospetto! O non avrete altre possibilità di vita, dopo l’Inferno!- tuonò di nuovo.
-Eccomi, Lucifero.- un’ombra sinistra si mostrò agli occhi infuocati di Jinki. -Perché mi ha chiamato?- chiese.
-Ho bisogno che tu dia una lezione a un tuo vecchio… Amico.- poi si avvicinò a Joon sussurrandogli il nome. -Quel cane!!- sbottò Joon, dopo aver sentito il suo nome.
-Vai e feriscilo, ma non ucciderlo..- ordinò al ragazzo, che si trasformò in demone.

****



-I mafiosi non si fermeranno! Hanno intenzione di uccidere la mia padrona.- disse l’essere celeste ad un serafino, che ascoltava le sue parole. -Cosa devo fare? Ho provato a parlare con loro!- continuò preoccupato il piccolo angelo custode. -Jonghyun, sai che il nostro codice ci vieta di svelare la nostra identità. Puoi fare veramente poco per Ecstasy.- rispose il serafino, angosciato per l’angelo ricoperto da un’aura cupa. -L’unica cosa che puoi fare è inviarle messaggi indirettamente. Magari attraverso sogni.-
-I sogni! Qualche tempo fa Ecstasy aveva fatto un sogno! Mi aveva visto, ma non di faccia.- svelò Jonghyun.
-Vedi? Questa è la tua preoccupazione verso di lei; Vedrai che capirà, prima o poi il pericolo che corre; Noi possiamo solo pregare.- disse il serafino, avvicinandosi a Jonghyun e accarezzandogli la spalla per supportarlo.

-Bene. Adesso ritorna sulla Terra! O troveranno il tuo corpo senza vita e scopriranno tutto, mh?- sorrise teneramente l’anziano.

Jonghyun annuì e si diresse verso la porta dorata e bianca del Paradiso.
‘Peccato che per me non finiva tanto bene..’


Ritornò sulla terra, ma mentre stava per rientrare nel suo corpo udì una risata familiare. -Ci rincontriamo, Jonghyun.- L’angelo si guardò attorno, ma non vide nessuno.
L’ombra nera fece un passo avanti.
-Joon!- disse sorpreso Jonghyun. -Che ci fai qui.. Libero? Dio non ti aveva mandato nel mondo degli Inferi?- continuò indietreggiando.
-E tu invece? Dio ti ha mandato sulla Terra con il tuo vecchio corpo, noto.- rise perfido il demone.
-Mi ha fatto scendere dal Paradiso per proteggere la mia padrona.-
-Anche io avrei potuto avere qualcuno da proteggere.. Ma tu! Tu mi hai fatto cacciare!- urlò rammaricato.
-Le persone come te, che complottano contro Dio supremo, devono essere cacciate dal Paradiso! Non meritavi, e non meriti tuttora di tornarci!- ribatté Jonghyun.
-Ero il tuo migliore amico… Mi hai tradito, bastardo! Me la pagherai!- e si fiondò verso di lui senza pietà, formando tra le sue mani un nucleo rovente.

Jonghyun cadde a terra rovinosamente, la sua anima era stata sporcata di veleno.

Respirava faticosamente, mentre l’altro continuava a colpirlo con raggi di luce oscura incandescente. -Questa è la forza… DI LUCIFERO!- urlò il demone.
Jonghyun vedeva sfocato, a chiazze. La luce bianche che fuoriusciva dal suo corpo era come i raggi del sole, essenziali sia per la sua vita che per quella di Ecstasy. Senza di lui, allora non esisteva nemmeno lei.
Con le ultime forze creò una sfera di luce celeste così potente da far scomparire il demone nel nulla. -Dio… La forza di Dio… E’ la più potente.- sussurrò.
Poi comunicò con dei serafini, per farsi aiutare. Non aveva più forze, non poteva stare nella Terra, perché nessun medico avrebbe potuto curarlo. Solo l’ospedale del Paradiso.


Era arrivato in ospedali, i serafini e i cherubini erano accorsi subito in suo aiuto.
C’era un clima di serenità in quella stanza della clinica, uno stato di tranquillità, che quasi gli dispiaceva tornare sulla Terra. L’angelo addetto ai pazienti feriti dalle anime in pena entrò nella sua camera, chiudendo le sue meravigliose ali bianche. -Jonghyun, c’è un tuo amico che è venuto a farti visita!- sorrise il più anziano.
-Oh! Lo faccia entrare.- Jonghyun ricambiò il sorriso.

Un ragazzo dai capelli arancioni fece capolino nella stanza. -Ciao Jonghyun, come ti senti adesso?- chiese avvicinandosi al lettino dove era steso il ragazzo ferito.
-Ciao, Hyun Woo! Il dottore dice che dovrò restare qui per almeno due settimane. Ma ho Ecstasy!- disse preoccupato Jonghyun.
-Ecstasy starà bene, non angosciarti.- sorrise Hyun Woo.
-Amico.. Devo chiederti un favore.. Un grande favore..- disse prendendogli la mano.
-Dimmi..- rispose Lee Hyun Woo.
-Prendi tu il mio posto per queste due settimane.. Proteggi tu Ecstasy, te ne prego.-
-Io? Diventare momentaneamente l’angelo custode di Ecstasy?- chiese sorpreso dall’ insolita proposta d’aiuto.
-Per favore, mi fido solo di te.. Lee Hyun Woo.- esalò con occhi lucidi.
-Va bene, solo perché sei tu e non voglio vederti così!-
-Grazie mille! Adesso vai! Vai da Ecstasy!- lo incitò felice Jonghyun.

Il ragazzo uscì dall’ ospedale. E, dopo aver ricevuto il permesso di Dio, si diresse verso un edificio bianco con sfumature di celeste e rosa: La fabbrica dei corpi.
Quando una anima muore e viene scelta come adatta a vivere in Paradiso, il suo corpo della vita terrena viene trasportato e messo in questa fabbrica, così da avere un corpo dove stare se si diventa angeli custodi.

-Salve! Mi servirebbe il mio corpo, sono Lee Hyun Woo.- disse il ragazzo al signore.
-Lee Hyun Woo? Mhm..- aprì un libro, dove c’erano scritti tutti i nomi degli angeli e il numero delle cabine al quale corrispondeva il proprio corpo.
-Cabina numero 48!- disse poi.
Hyun Woo raggiunse la sua cabina e ritornò in possesso del suo corpo; Uscì dalla cabina ed entrò da una porticina in un tubo che lo trasportò sulla Terra.

Era di nuovo un essere umano.

****



-Ecstasy! Ho fame!- continuava a lamentarsi da più di dieci minuti Monji, che proprio di studiare storia non ne voleva sapere. -E’ da più di due ore che studiamo! Prendiamoci una pausa!- sbottò chiudendo il libro.
-E va bene; E cosa vuoi fare?- chiese Ecstasy all’ amica sdraiata sul pavimento.
-Andiamo a comprare i cioccolatini.- disse scattando in piedi.
-Ma tu pensi solo a mangiare, eh?!- rise.
-In questo momento sì! Andiamo al supermercato!- e prese Ecstasy trascinandola fuori dalla stanza.
-State uscendo?- domandò la nonna di Ecstasy. -Potete andare a fare la spesa per me, se non vi dispiace ovviamente.- chiese ancora.
-Certo, nonna! Dacci la lista e andiamo subito!-

La signora anziana prese un pezzo di carta e cominciò a scrivere tutto ciò che le serviva. -Tenete.- disse porgendo il foglietto e i soldi necessari per l’acquisto.
-Torneremo fra un po’!- esclamò Ecstasy uscendo di casa con Monji.


Arrivarono al supermercato dopo pochi minuti: la metro era stata velocissima, come sempre!

-Bene! Compriamo i cioccolatini!- disse Monji, felice.
-Prima la spesa della nonna, poi i cioccolatini.- commentò Ecstasy severa.
-Tu compri la spesa per tua nonna e io in mentre prendo i cioccolatini, ci stai?- propose la ragazza coreana.
-Questa è la prima volta che ti vedo ragionare così profondamente per qualcosa.- commentò stupita Ecstasy. –Va bene, vai a prendere i cioccolatini.-
Monji corse nel reparto dolciumi, nel mentre Ecstasy prese la strada opposta.
-Mhm.. Qui c’è scritto riso. Dov’ è il riso?- disse ad alta voce, cercandolo.

-Mi scusi.. Sa dirmi dove posso trovare il riso?- chiese ad un ragazzo.
-Eh? No, no! Io non sono un commesso, mi dispiace.- rise lui.
-Ah! Mi scusi!- si inchinò Ecstasy imbarazzata.
-Comunque.. Qua c’è il riso!- disse il ragazzo, indicando il riso.
-Oh! Che sbadata! Grazie mille, non l’avevo proprio notato!- sorrise. –Io sono Ecstasy, piacere!-
-Lee Hyun Woo.- le strinse la mano.

E lui rise, l’ aveva trovata: la padrona di Jonghyun.

-Ecstasy! Ho trovato i cioccolatini!- Monji fece vedere felice all’ amica il pacchetto non curante del ragazzo che adesso la guardava divertito.
-Ciao!- la salutò.
-Oh! Ciao!- ricambiò lei.
-Lee Hyun Woo, piacere.-
-Monji!- strinse la sua mano e il ragazzo per un attimo si bloccò.
-Waa! Ti è venuta la pelle d’oca.- rise Monji, osservando il braccio del ragazzo.
-Stai zitta, Monji!- le sussurrò Ecstasy, imbarazzata.
-Già, chissà come mai. E’ da.. Tanto tempo che non mi viene.- sorrise. -Beh, al prossimo incontro ragazze! Sono sicuro che ci rivedremo.- e se ne andò.

‘Perché… La pelle d’oca?’ si chiese dentro di sé Lee Hyun Woo, mentre usciva dal supermercato.
 
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